Luciano Valentini

A dare una mano a Luciano Valentini (nella foto) per diventare sindaco di Perugia fu il censimento del 10 febbraio 1901. Da esso risultò che la città aveva raggiunto 60.000 abitanti e aveva diritto ad un Consiglio comunale di sessanta membri, anziché di quaranta; perciò il 22 marzo 1903 ci furono le votazioni addizionali per eleggere i 20 consiglieri mancanti.
Rocchi e le sue truppe già da tempo erano in declino e la vittoria liberale non fu una sorpresa per nessuno. La mobilitazione dei conservatori fu eccezionale e si recò alle urne il 55% degli aventi diritto, una cifra record per quei tempi. Anche i clericali scesero in campo con numerosi candidati nella lista liberal monarchica e addirittura ne presentarono una propria. Vennero eletti 17 esponenti della lista liberale, mentre quella clericale fu sonoramente trombata, e i tre consiglieri di minoranza spettanti per legge alle opposizioni furono assegnati ai repubblicani.
La bocciatura della lista clericale e il pieno successo dei candidati cattolici in quella liberale indicavano che Perugia aveva chiuso ormai i ponti con il “temporalismo”, mentre non disdegnava il cattolicesimo liberale di fede monarchica. Il 31 marzo si riunì il Consiglio dei sessanta (erano presenti 52 consiglieri) per l’elezione del sindaco. Doveva essere nominato il conte Giuseppe Conestabile della Staffa, un clericale liberal monarchico, come segno di gratitudine verso l’elettorato cattolico e di superamento di antichi anatemi. Giova ricordare che il Sillabo di pio IX aveva definito “pestilenze” il liberalismo ed altre “eresie”. Ma il conte ebbe un ripensamento e prese la parola affermando: “Io ho dei nemici, Valentini no.” Così Luciano Valentini, conte anche lui, venne eletto con 36 voti su 52 consiglieri presenti.
Giuseppe Conestabile aveva alle spalle un’esperienza quadriennale (1898-1902) di sindaco ad Umbertide e poco dopo verrà nominato preside della provincia di Perugia.
Luciano Valentini, (nato a Canino in provincia di Viterbo, l’11 aprile 1864), giovane esponente dell’aristocrazia perugina che aveva rafforzato il blasone sposando la cugina Cristina Faina nel 1890, riportò i liberali in quel Palazzo dei Priori lasciato dieci anni prima. “L’Unione Liberale” riprese il suo ruolo di appoggio alla nuova amministrazione e “La Provincia” divenne il giornale dell’opposizione. Si erano invertite le parti.
Il nuovo sindaco, eletto consigliere nelle votazioni del 1899, era destinato a stabilire alcuni primati, tra cui quello della più lunga ed ininterrotta permanenza al vertice del Comune, e del predominio liberale nel capoluogo in un periodo in cui le sinistre si ponevano alla guida di molti comuni nella periferia umbra.
Il compito più urgente che Valentini dovette affrontare fu il risanamento del bilancio. Lo zelo di Rocchi nell’aprire i cantieri andava di pari passo con la sua allergia per le regole contabili e le finanze del Comune erano allo sbando. La commissione dei revisori, a fine anno 1903, definì “fallimentare” la situazione economica comunale, ma bisognava andare avanti senza strappi e con la massima cautela, non potendosi sospendere i lavori pubblici già iniziati, né aumentare in modo eccessivo l’imposta di famiglia (focatico). Il sindaco aveva il suo da fare e senza odiose misure riuscì a pianificare il risanamento delle finanze comunali spalmando il deficit negli esercizi successivi.
Nelle elezioni che si tennero a più riprese, sia parziali che generali, i liberali di Valentini si imposero sempre in maniera schiacciante. I Perugini si fidavano di quel tipo moderato e accomodante, sparagnino e avveduto, tanto che gli attacchi della stampa di opposizione abbassarono i toni e la politica cittadina andò avanti senza i sussulti tipici del recente passato. Si era creato il clima ideale per stabilire nuovi rapporti con i cattolici, il cui voto era determinante al momento opportuno. Segnali chiari di distensione venivano dalle file liberali ed erano ricambiati dai pulpiti, tanto che i quaresimalisti del 1906 elogiarono il Re per essere accorso a Napoli a visitare le vittime dell’eruzione del Vesuvio (4-26 aprile, 227 morti, ingenti danni) e “L’Unione Liberale” apprezzò il gesto in un articolo apparso con eloquente tempestività.
Con Valentini prese il via la stagione dei grandi “banchetti”. Le solennità più importanti venivano festeggiate davanti a tavole imbandite che radunavano molte centinaia di persone (si arrivò fino a 900) accanto agli uomini rappresentativi della città. Il rito si svolgeva nei cortili delle grandi ville e dei conventi (San Pietro) e costituiva un appuntamento ambito al quale i Perugini facevano a gara per partecipare. Una data fissa e ricorrente era quella del 4 giugno, festa dello Statuto, ma se ne inventavano altre nel corso dell’anno.
Il 29 aprile 1907 si aprì la mostra di “Antica Arte Umbra”, la più grande manifestazione culturale che si fosse vista in città prima d’allora. Rimase aperta fino al 15 novembre sotto l’attenta gestione di un qualificato comitato che aveva raccolto tutti i tesori della produzione artistica regionale (oreficeria, miniatura, ricamo, ceramica, pittura, scultura, ecc.), a testimonianza di un patrimonio di civiltà da molti ignorato, che gli Umbri avevano realizzato nel corso dei secoli. Circa un migliaio di pezzi, venuti da ogni parte della regione, erano esposti al Palazzo dei Priori, diventato per l’occasione una galleria prestigiosa. Erano stati occupati l’atrio, la Sala del Consiglio, quella dei Priori, le due sale della Vaccara, oltre a molti uffici e corridoi. Fu inaugurata personalmente dal Re e due settimane dopo fu visitata dalla regina madre Margherita.
Il 14 giugno 1909 venne inaugurato il monumento al Frontone a ricordo del 20 giugno. Un solenne corteo partì dal centro e si diresse a San Pietro. C’erano tutti, anche i repubblicani, che in segno di disprezzo per la monarchia sfilarono con le bandiere rovesciate, brandendole dalla parte del vessillo e innalzando le nude aste. Il monumento è quello che si può ammirare anche oggi, ma il Grifo con la sua zampa poderosa allora abbrancava una tiara pontificia fatta sostituire nel 1929 da Mussolini con un sasso.
Le prime contestazioni rumorose alla Giunta liberale avvennero nel dicembre del 1912 per opera dei repubblicani e dei socialisti guidati da Miliocchi e Brugnola. Si ripeterono in modo più deciso il 5 luglio 1919 per il “caro vivere” e a guidare la protesta c’era il trentenne segretario della Camera del Lavoro, Ettore Franceschini, prossimo sindaco, e il medico montonese Arsenio Brugnola, che a novembre verrà eletto deputato socialista nell’alta Umbria.
Valentini, il 14 luglio 1919, lasciò la guida del Palazzo dei Priori per accettare la candidatura alla Camera dei Deputati. Fece solo capolino in Parlamento poiché la morte lo colse il 1° dicembre 1920, all’età di 54 anni.
Roberto Sciurpa
(Pubblicato su Corriere dell'Umbria del 22 maggio 2006)